Il respiro: un atto rivoluzionario

“Respirare profondamente è sentire profondamente” Lowen

La parola rivoluzione a cosa vi fa pensare?

Ai sanculotti della rivoluzione francese o forse al cambio di prospettiva della rivoluzione copernicana? Ecco, il respiro può essere entrambe le cose: una scoperta in grado di ribaltare completamente la situazione e un gesto di ribellione consapevole.

Ma che cosa ci hanno insegnato tra i banchi di scuola durante l’ora di scienze?

Semplice: la respirazione è quella funzione vitale che permette scambi gassosi tra l’atmosfera e il sangue. Ci accompagna per tutta la vita ed è un processo semiautomatico: avviene senza alcuna attenzione da parte nostra, ma allo stesso tempo è un processo controllabile. Proprio perché avviene in autonomia, spesso lo diamo per scontato a tal punto che non sappiamo nemmeno come respiriamo e ci accorgiamo del nostro respiro solo in caso di malattie o condizioni fisiologiche che ce lo rendono difficile, come un semplice raffreddore.

Il respiro  è strettamente connesso al nostro benessere psicofisico e alla salute del nostro organismo: regola la pressione sanguigna, calma la mente e rilassa le tensioni muscolari. E’ chiaro che è la nostra medicina naturale per eccellenza.

Inoltre, il respiro assume importanza e significati differenti a seconda della cultura considerata.

In Occidente lo conosciamo principalmente come quel meccanismo che permette gli scambi gassosi a livello polmonare tra aria e sangue. Un semplice processo fisiologico, in cui il corpo risulta totalmente separato dalla mente, senza alcuna comunicazione con quest’ultima.

In Oriente, invece, assistiamo ad una vera e propria “educazione al respiro”, come cura del sistema mente-corpo-spirito, percepito come un’unità in cui le parti dialogano tra loro.

Nel Taoismo, ad esempio, il respiro è il mezzo attraverso il quale l’energia (Qi) viene trasportata in tutto il corpo; dunque è quell’elemento che garantisce la comunicazione di tutte le parti di cui siamo costituiti che vivono in armonia tra loro, in uno scambio continuo.

Nella tradizione indiana, dove il respiro viene utilizzato da sempre nelle pratiche meditative per raggiungere la consapevolezza, il concetto di soffio vitale prende il nome di prana.

Il Prana è la somma delle energie dell’universo. Nell’atmosfera è rappresentato da piccoli ioni negativi. Le polveri, i fumi, la nebbia, tolgono il prana dall’aria.

Il sole, le masse d’acqua in movimento e in evaporazione caricano l’aria di prana. L’organismo assorbe elettricità atmosferica, la utilizza e la scarica attraverso la pelle. Più questo metabolismo è attivo, più l’essere è «vivo» e in buona salute.

E’ facile dedurre come l’aria condizionata sia povera di prana e a lungo andare possa avere degli effetti poco salutari per il nostro organismo.

L’OMS ha riconosciuto la “sindrome dell’edificio malato (SBS)” come quella situazione in cui i lavoratori presentano sintomi di affaticamento, mal di testa, irritazione agli occhi, naso e gola, anomalie nella pelle e mancanza di concentrazione. Questi sintomi, pur se modesti, a lungo andare provocano un significativo calo della qualità di vita e anche della produttività lavorativa.

Come avviene la respirazione?

I polmoni e la pelle sono le nostre superfici di scambio col mondo esterno. I polmoni sono posizionati all’interno della gabbia toracica e appoggiano sopra al diaframma, che li separa dalle viscere sottostanti.

Diaframma

Il diaframma è il più importante muscolo respiratorio ed ha la forma di una cupola convessa verso il torace e concava verso l’addome.

I polmoni sono contenitori passivi. Ogni movimento della gabbia toracica provoca un movimento dei polmoni.

Durante l’inspirazione il diaframma si abbassa, i muscoli intercostali espandono le coste e queste ruotano un po’ verso l’esterno, tutto questo aumenta il volume della gabbia toracica, creando così un vuoto al suo interno che provoca l’aspirazione dell’aria. La colonna vertebrale si verticalizza, i polmoni si riempiono, premendo sulle viscere che vanno ad espandere la cavità addominale.

Durante l’espirazione il diaframma si eleva ritornando nella sua sede di origine, il torace si abbassa e la colonna si flette ritrovando le sue naturali curve anatomiche. In caso di espirazione forzata, volontaria, entrano in gioco anche i muscoli addominali che si contraggono.

Spesso il diaframma non funziona perfettamente in quanto non siamo stati educati a gestire il respiro in maniera congrua rispetto alle nostre necessità. In questi casi possiamo incorrere in malesseri di vario genere:

  • Scarsa circolazione periferica (arti superiori e spesso inferiori)
  • Stati alterati dell’apparato digerente (gastralgie, reflussi, ernie iatali)
  • “Problematiche” cardiache (tachicardie, dolori retro sternali)

Ecco perché è importante avere una buona mobilità diaframmatica e prestare attenzione e cura al proprio respiro.

È stato stimato infatti che non adoperiamo nemmeno un sesto della nostra capacità respiratoria. Nasciamo con una respirazione ampia, piena, addominale (provate ad osservare un neonato e vedrete la sua pancia gonfiarsi e poi svuotarsi vistosamente e spontaneamente) ma crescendo questa funzionalità si riduce fino ad avere una condizione respiratoria ristretta.

Anche la nostra postura ne risente e si modifica conseguentemente al nostro modo di respirare.

Inoltre, il respiro è strettamente connesso al nostro mondo emotivo: il modo in cui respiriamo ci racconta tanto di noi.

Quando siamo preoccupati o spaventati, ad esempio, il respiro diventa più corto e affannoso e si concentra nella zona toracica. Se questo stato di ansia si prolunga nel tempo (basti pensare all’epoca in cui stiamo vivendo dove i ritmi sono frenetici e il livello di stress è piuttosto alto) allora la risposta di allerta dell’organismo si cronicizza e il respiro si blocca nella parte alta, provocando il graduale irrigidimento del diaframma e conseguenti alterazioni psicofisiologiche.

Il blocco del respiro comporta quindi una difficoltà ad avere accesso al mondo emotivo, e al suo sentire: si tratta di un vero e proprio blocco a livello fisico ed energetico che compromette la vitalità dell’organismo.

Bloccare il respiro è un modo per non sentire.

“Respirare profondamente è sentire profondamente. Se respiriamo in profondità nella cavità addominale, quella regione si anima. Se la nostra respirazione non è profonda, reprimiamo certi sentimenti associati all’addome. Uno di questi è la tristezza, poiché l’addome è interessato al pianto profondo, che è chiamato in inglese belly cry (pianto di pancia). C’è in quel pianto una profonda tristezza che in molti casi rasenta la disperazione. I bambini imparano assai presto nella vita che tirando in dentro la pancia e irrigidendola riescono a isolare sentimenti penosi di tristezza e dolore.” Lowen

Così come le emozioni influenzano il respiro è vero anche viceversa. Lavorare sul respiro ci permette di entrare in contatto col nostro corpo e col nostro mondo emotivo ed imparare a gestirlo.

La respirazione non è una semplice operazione meccanica: è un aspetto del fondamentale ritmo corporeo di espansione e contrazione che si manifesta anche nel battito cardiaco.  

Tra un respiro e l’altro, anche se non ce ne rendiamo conto, c’è una pausa.

Questa pausa, oltre a migliorare l’ossigenazione cellulare, ci ricorda che il nostro sistema è costituito da pause e noi abbiamo bisogno di mettere delle pause nella nostra vita per rigenerarci.

Solitamente occupiamo queste pause facendo qualcosa: leggendo un libro, cucinando, andando in palestra, suonando uno strumento. Queste pause, pur essendo piacevoli, non ci rigenerano poiché sono attive. Per rigenerarci abbiamo bisogno di stare nel “non fare” e rimanere semplicemente in contemplazione del nostro respiro, senza eseguire una tecnica, senza cercare di modificarlo, senza crearci aspettative.

È in questo senso che il respiro diventa il nostro atto rivoluzionario, poiché ci permette di entrare in contatto con noi stessi, con la nostra parte emotiva, riconoscerla, esprimerla e gestirla. Aumenta la vitalità del nostro organismo, la concentrazione e ci permette di riappropriarci della consapevolezza del nostro corpo. Una volta usciti dal blocco del sentire riacquistiamo la capacità di prendere delle decisioni, sulla base dei nostri bisogni e soprattutto dei nostri desideri. Cominciamo ad abitare il nostro corpo senza più delegare ad altri la sua cura e la sua educazione, ma prendendoci cura di noi, riscoprendoci e amandoci, giorno per giorno, in piena libertà.

Bibliografia:

  • Pranayama. La dinamica del respiro – Andre Van Lysebeth – Ed. Astrolabio
  • La spiritualità del corpo – Lowen – Ed. Astrolabio
  • L’esperienza del respiro – Ilse Middendorf – Ed. Astrolabio
  • Il non-fare. Scuola della Respirazione – Itsuo Tsuda – Luni Editrice
  • La terapia del respiro. Dall’esperienza sensoriale all’espressione musicale – Biferale – Ed. Astrolabio
  • La scienza del respiro – Yogi Ramacharaka – Ed. Venexia
  • Il respiro. Essere in perfetta salute e combattere lo stress attraverso una respirazione consapevole – Mana – Ed. Tecniche Nuove
  • Respirazione olotropica, teoria e pratica. Nuove prospettive in terapia e nell’esplorazione del sé. – Grof – Ed. Urra
  • Kepner, J.I. (1997). Body Process. Il lavoro con il corpo in psicoterapia, Milano: FrancoAngeli
  • Breathwalk. Il respiro per rivitalizzare il corpo, la mente e lo spirito – Yogi Bahajan – Ed. Astrolabio Ubaldini